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10 settembre 1943

Il Col. Croce perfeziona ulteriormente il dispositivo di sicurezza intorno a Porto Valtravaglia anche perché le voci di arrivo di militari si fanno più insistenti. Si ha conferma che i tedeschi disarmano i nostri reparti e li fanno prigionieri.

Poiché ci troviamo sulla direttiva d'entrata nella Svizzera, cominciano ad arrivare i primi sbandati, spesso con macchine dell'esercito. I nostri posti di blocco li disarmano e li avviano all'accantonamento; poi, man mano che i gruppi si fanno più numerosi, ci accontentiamo di disarmarli.

Nella mattinata vado a Varese con un camion, requisito a due soldati, per il ritiro delle munizioni. Lungo la strada incrocio i gruppi di militari sbandati diretti in Svizzera.

La popolazione civile è tutta fuori nelle strade per assistere tali militari e tutti hanno una grande voglia di piangere.

A Varese le solite formalità burocratiche: il "buono" mi viene concesso al comando di zona (posto alla periferia di Varese- Casbeno) per cui arrivo al Distretto Militare di Varese, al centro città, mentre l'ufficiale addetto ai magazzini è andato a casa.

L'ufficiale, in parole, "segue ancora l'orario estivo". Non lo rivedo che a pomeriggio inoltrato; mi vista il "buono" e mi fa dare 10.000 colpi per fucili. I colpi sono sciolti, quindi, i nostri soldati dovranno caricare le armi introducendo una cartuccia alla volta.

Nonostante la mia insistenza non riesco a farmi dare due fucili mitragliatori giacenti in magazzino che ci sarebbero utili, ma non ho tempo di tornare a Casbeno al comando di zona per avere un altro "buono" prima che l'ufficiale cessi il suo orario, in tempo per trovare ancora in servizio l'ufficiale in magazzino.

Ritorno a Porto Valtravaglia con le munizioni.